Sono da poco tornata dalla mia seconda Bologna Children Book Fair, carica di appunti e di idee da riordinare. Credo sempre più che questa fiera sia un appuntamento imprescindibile per chi ha a che fare con il mondo dell’illustrazione. Sicuramente per me è stata, negli ultimi due anni, un importante punto di svolta.

Studenti ed esordienti sono un po’ fuori posto in un contesto professionale come quello della Fiera. Autori ed agenti corrono da uno stand all’altro, a ritmo serrato stringono mani, stringono accordi. Gli editori hanno poco tempo (e spesso poca voglia) di dedicare la loro attenzione ai portfolio di illustratori inesperti. A meno di non sfoderare il famigerato trolley carico di pubblicazioni, è difficile ritagliarsi uno spazio. Per questo, la Children Book Fair può diventare un’esperienza frustrante.

Ma è proprio questo aspetto strettamente professionale a fare della fiera di Bologna un appuntamento così utile. Tutto dipende da come ci si avvicina ad essa. Perciò, anche se non ho ancora l’esperienza necessaria per dare consigli, ho una gran voglia di trascrivere quel poco che ho capito.
Quanto segue è un misto di appunti tecnici e considerazioni personali. Ricordate di prendere tutto con le pinze!

Questione di morale

I giorni di fiera sono sempre estenuanti, da un punto di vista fisico quanto emotivo. Indossare costantemente la maschera della presentazione professionale, esporsi a critiche, interagire, il tutto circondati da lavori molto più belli dei propri, può diventare estenuante.

Per evitare di ritrovarmi a vagare senza meta mettendo in discussione il senso della mia esistenza, quest’anno ho escogitato una serie di stratagemmi:

  • Arrivare alla fiera con un obiettivo ben chiaro in mente. Per me quest’anno era: parlare con un editore specifico che avevo già contattato, stilare una lista di case editrici interessanti. L’anno scorso miravo ad un indefinito “successo” dei miei lavori, obiettivo che mi ha portato a sentire di aver “fallito” fin dal primo giorno.
  • Colorare le zone visitate della mappa. Banalissima tattica di gamification per scongiurare il senso di tempo sprecato anche quando non riuscivo ad ottenere contatti/portfolio review.
  • Tenere appunti per testimoniare le cose fatte/imparate, e/o un diario per sfogare la propria emotività.
  • Visitare la fiera da soli, con i propri ritmi. Conoscenti/amici sono un supporto fantastico dopo la fiera, quando è bello distrarsi insieme, non rimuginare troppo e godersi i buoni ristoranti di Bologna.
  • Parlare con le persone in coda agli eventi, fare domande alle conferenze e seguire i relatori nel “back stage”, avvicinarsi furtivamente a conversazioni altrui, esprimere senza farsi problemi la propria curiosità… partecipare insomma!
  • Sorridere!

Portfolio e presentazione

  • La fiera non è il posto migliore per tentare di affascinare gli editori come persone o con il proprio percorso. L’offerta di illustratori è così ampia che gli editori si interessano unicamente a stili finiti. È questo il modo in cui viene effettivamente usato anche il cosiddetto “muro del pianto”. Perciò il portfolio deve dichiarare chiaramente uno stile.
    Se si hanno due o più stili diversi, vanno raggruppati in portfolio diversi: ad ogni editore si mostrerà solo quello più in linea con la sua proposta editoriale.
    Se si hanno pochissime illustrazioni fatte nello stesso stile ci si può presentare agli editori per consigli, ma non si verrà presi in considerazione. La soluzione non è farsi prendere dall’horror vacui, ma lavorare di più.
  • La parola d’ordine è coerenza: il portfolio deve dimostrare che si è capaci di lavorare con continuità all’interno dello stesso stile. Perciò sono molto apprezzate pagine dedicate ad un solo personaggio in varie pose o espressioni.
  • Le cose più importanti nell’illustrazione per bambini sono: espressività dei personaggi, eloquenti anche attraverso il linguaggio del corpo, dinamismo, attenzione ai dettagli. Non importa il livello di finitura: a volte anche delle bozze possono vincere su lavori finiti, se mostrano con forza queste caratteristiche.
  • Se si presenta il portfolio in cartaceo, la stampa e la carta devono essere di buona qualità. L’impaginazione deve lasciare uno spazio generoso alle immagini ed evitare l’effetto vignette. Meglio non presentare il portfolio in raccoglitori o buste di plastica, che danno l’idea che si vogliano “riciclare” le pagine per volte successive. Sono molto apprezzate impaginazioni con un tocco personale: formati anche più piccoli di un A4, con rilegature semplici ma fatte a mano. Il testo può essere pochissimo o non esserci affatto. Inserire però sempre i contatti alla fine.
  • Durante eventuali colloqui (prima o dopo la fiera) accettare proposte anche se non interessano, per declinare poi via mail. È importante lasciare l’impressione di una persona positiva e intraprendente.
  • Quando si propone un progetto specifico via email, solitamente si fa in questa forma: 4/5 tavole finite + schizzi di tutte o buona parte delle altre tavole + testo di presentazione del progetto + la narrazione in breve (inviata come testo semplice, non sceneggiatura).
  • Durante le portfolio review, sulla stessa illustrazione si possono ricevere pareri e consigli molto differenti. Bisogna fare attenzione a chi ci si rivolge e tenere bene a mente che il parere più importante è sempre il proprio.

Contratti, lavoro, denaro

  • Prima dell’inizio di ogni lavoro da parte dell’illustratore deve esserci la firma di un contratto con l’editore.
  • Quando si ha a che fare con self-publisher o piccoli editori può essere l’illustratore stesso a proporre un contratto. Da parte di case editrici affermate non è professionale non presentare subito un contratto ed è più che lecito richiederne uno. Spesso sono le case editrici più grandi ad elaborare i contratti più svantaggiosi per gli illustratori.
  • Spesso negando un contratto non si perde l’offerta, ma si arriva ad una nuova negoziazione.
  • Ogni contratto dovrebbe essere negoziato.
  • Gli editori dovrebbero garantire almeno una settimana di tempo per valutare il contratto e firmarlo.
  • Bisogna tenere a mente che, in caso di assenza di un contratto, l’illustratore è comunque in una posizione di vantaggio per via delle normative europee sul copyright: in caso di diatribe si può fare causa e vincere.
  • L’unione fa la forza: se si pensa di dedicarsi all’illustrazione in modo professionale e serio è un’ottima idea fare riferimento ad associazioni di settore come AI o EIF, che offrono consulenza, tutela e networking.
  • Solitamente gli illustratori vengono pagati a libro, nel seguente modo: un pagamento che copre il periodo di produzione (due/tre mesi) e un guadagno percentuale sul prezzo di vendita. Idealmente il primo pagamento viene elargito in tre rate: una con la firma del contratto, una con la consegna del lavoro finito, una con la pubblicazione. Il guadagno percentuale invece viene consegnato una o due volte all’anno.
  • I profitti generati dalla vendita del libro sono spesso ripartiti come segue: 50% alla libreria, 10% all’autore, 5-7% all’illustratore. Il restante va all’editore e a coprire le spese di stampa.
  • Sarebbe ideale inserire nel contratto una “escalation clause”: più vendite, percentuale più alta. Ad esempio: <1000 copie 5%, >1000 copie 6%, >5000 copie 7%.
  • I libri scolastici e non-fiction spesso non offrono percentuali sulle vendite.
  • Nel contratto dovrebbe essere presente una clausola di rimborso nel caso in cui il progetto venga cancellato prima della pubblicazione. La percentuale dipende dal livello di avanzamento del progetto: 15% alle bozze, e 100% a materiale ultimato.
  • Meglio cedere la licenza per l’uso dei diritti solo per periodi limitati e solo relativamente alla stampa del libro, così da avere accesso ai “subsidiary rights”: traduzione (75-85% a illustratore+autore), merchandising (50-80%), applicazioni interattive/digitali (50-70%), Tv o drammatizzazione (90%).
  • Mai dare file modificabili (.pdf, .psd ecc) perché si sfuma la linea tra creatore ed editore.
  • Il contratto non deve negare i diritti morali impedendo che il nome dell’illustratore compaia in copertina.
  • A volte nei contratti è inclusa una clausola che obbliga l’illustratore a rilasciare sul mercato un lavoro che fa concorrenza al primo. È meglio cercare di eliminare questa clausola, ridimensionarla o definirla molto bene (“non puoi pubblicare lo stesso identico personaggio con un altro editore”: ok, “non puoi più pubblicare libri con disegni di animali”: non ok).
  • Fatta eccezione per saghe/serie con gli stessi personaggi, è meglio non fare contratti multi-progetto: ricontattando ogni volta l’editore è possibile negoziare accordi più vantaggiosi.
  • Conviene inserire una clausola che obbliga l’editore a cedere i diritti di pubblicazione se il libro viene stampato in meno di 50 copie all’anno.
  • È lecito chiedere all’editore qual’è l’aspettativa di vendita e, in caso di sconti, bisogna contrattare un guadagno minimo indipendente dalle percentuali (spesso infatti, se il totale si abbassa, scende a valori insignificanti).
  • Se si deve vendere una tavola originale, solitamente si procede come segue per stabilire il prezzo: lato + lato (in cm) * coefficiente di esperienza dell’autore, che va da 1 a 4.


Spero che questi appunti possano esservi stati utili. Ci vediamo alla prossima Children Book Fair, in bocca al lupo!

Un piccolo diario itinerante

Per finire pubblico qui anche alcune pagine del mio libretto di appunti, che ha finito per diventare un piccolo diario itinerante.